I Marillion rientrano nella cerchia dei pochi eletti che possono permettersi il lusso di “vendere” un proprio lavoro prima che ne nasca una singola nota. Fatto alquanto singolare che dimostra la fedeltà del popolo dei fans della band, chiamati in massa a preordinare Marbles, giungendo ad oltre 13000 copie prima che queste venissero impresse su supporto ottico. Un'operazione in parte necessaria per tastare il grado di popolarità del marchio Marillion, in netta discesa dopo la sbronza di successo ottenuta durante l'onda neo-prog che investì la scena musicale nei primi anni ottanta. Tutt'altro che rimbambiti dal tempo, i cinque inglesi confezionano un album di classe e valore compositivo tutt'altro che opacizzato da ben venti anni di carriera. È in apertura che i Marillion si giocano uno degli assi migliori. The Invisible Man è un trip tra melodie soffuse e trasparenze sonore, luci che si accendono ad intermittenza e climi notturni cari ai Massive Attack, impetuosi crescendo in cui il singer Steve Hogarth è indiscusso protagonista e volteggi chitarristici di scuola Pink Floyd, un continuo ondeggiare su una filigrana sospesa in assenza di gravità. Le tessiture cromatiche dell'album appaiono ricercate grazie anche ad un uso ben calibrato di suoni elettronici ed un vario catalogo di effetti di keyboards che non imbrigliano i brani in soluzioni para-sinfoniche o in bislacchi giochi barocchi. Ci si muove con facilità tra fragranze pop niente affatto ingessate o manieristiche (You're Gone, Don't Hurt Yourself, Fantastic Place), attraversando stanze immerse nella penombra (Angelina, la quale sboccia nel fumo denso di un romantico blues per poi librarsi umbratile e sinuosa). Le melodie sono franche, malinconiche e fascinose e dispiegano una varietà che evita dejà-vù che potrebbero affacciarsi da un momento all'altro. Neverland si eleva aggraziata con la sua profondità lirica frammista ad una ricerca formale costante per tutta la durata dell'albo ma che in questo specifico solco trova congruenza perfetta sui leggeri fraseggi di pianoforte ed i raccordi di chitarra che sollevano il brano verso abbaglianti climax. Poco prima Drilling Holes si tingeva di nero con la sua minacciosa aria mitigata da un refrain lieve e compassato. Marbles risulta così un disco dalle molteplici sfumature che trovano però nell'amalgama messa a punto dai suoi creatori una coesione non da poco che ne omogenizza il mood. Ed un ritorno in pompa magna per un gruppo che, tra alti e bassi, riesce a mantenersi con onore a galla.
(Racket Records, 2004)
The Invisible Man / Marbles I / You're Gone / Angelina / Marbles II / Don't Hurt Yourself / Fantastic Place / Marbles III / Drilling Holes / Marbles IV / Neverland / You're Gone (Single Mix)
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