Circumnavigando la rete non è poi così difficile imbattersi in gruppi interessanti ma che ancora in pochi conoscono. Il crescente successo di una piattaforma come Myspace.com (che sfrutto anche con la mia neonata band) alimenta spesso il successo di piccoli gruppi giusto l'altro ieri misconosciuti ai più. Chi segue la scena "presunto-indie" sa bene quali effetti tale mezzo ha prodotto per gruppi come Clap Your Hands Say Yeah e Arctic Monkeys. In questa sede non parlo di ste robe qua, alquanto dispensabili a mio avviso nel panorama musicale odierno, bensì di cinque piccole band dell'underground metallico statunitense. Cinque nomi, cinque stili differenti ma non per questo non attigui. Probabilmente in futuro firme più eminenti del sottoscritto parleranno in termini entusiastici di queste band. Tutte, a parte una giunta già al secondo lavoro, hanno un solo album all'attivo su labels indipendenti. Per quei pochi avventori che si imbatteranno in queste parole, questo è un invito all'ascolto più che al giudizio.
Nascono nel 2004 nei dintorni di Louisville, in Kentucky, i Coliseum. È dell'anno seguente il loro debutto su Level Plane Records, intestato con la stessa ragione sociale della band. Lo stile dei Nostri si incastra perfettamente tra il casinismo dei Motorhead, l'irruenza degli Entombed dell'ultimo corso ed il veleno a profusione degli High On Fire. Hanno un impatto devastante come una ruspa e per certi versi parecchio stradaiolo e punk, con chitarre dense e corpose ed un singer dall'ugola al catarro. Non concedono nulla alla melodia, quantomeno nelle linee vocali. Solo nella finale The Simple Answer Is... si ode una lieve sovrapposizione "pulita", ma è un dettaglio alquanto trascurabile. Li aspettiamo adesso per il sequel di Coliseum, che dovrebbe venire licenziato entro l'anno in corso dalla Relapse, etichetta per la quale il combo ha firmato nel dicembre 2006.
COLISEUM : Coliseum
(Level Plane Records, 2005)
Non sono una delle tante entità dedite al metal-core che va tanto in voga di questi tempi i Blacklisted da Philadeplhia. La loro essenza è equamente ripartita tra la rabbia intransigente e belligerante dell'hardcore e la violenza tagliente del thrash. Le strutture dei brani inclusi nel fin qui loro unico lascito discografico The Beat Goes On, pubblicato dalla Deathwish Inc nel 2005, sono ultra-compresse ed infuocate. Le loro composizioni vanno dritte al sodo e sono realmente "straight to the face". I Riff sono lame affilate pronte a lacerare la carne, sorretti da un drumming solido che si lancia in attacchi hardcore notevoli. Anche l'inclusione dei consueti cori rimarca non poco la matrice "core" di questi quattro, incazzati musicisti. Tellurici e rocciosi, thrash-core senza fronzoli o melensi ritornelli con melodie d'accatto. Per questo ci piacciono.
BLACKLISTED : The Beat Goes On
(Deathwish Inc., 2005)
Giunti già al secondo capitolo della loro breve carriera, i Mind Eraser sono davvero gente poco raccomandabile. Di questo quartetto proveniente da Boston sono riuscito ad ascoltare solo l'ultimo Glacial Reign (il primo lavoro si intitola "Cave"), interessante ibrido di grind-core e soluzioni vicine allo sludge e al doom. Impetuosi e solenni decelerazioni in mid-tempo donano varietà all'ossatura dei brani, informati quasi interamente su efferate corse al cardiopalma in tipico stile Nasum (il riffing ne ricalca spesso le gesta). Ciò che più convince dei Mind Eraser è la bravura nel saper miscelare le influenze rendendole un inscindibile tutt'uno. Canzoni come Equation, Full Spectral Dominence, Abuse Excuse, Schizophrenic, Wrote Off e la finale Curtain (mortale tempo medio edificato su un riff che per poco non ci taglia la faccia) sono esempi di come siano capaci di dare vita a musica estrema di un certo spessore. Da tenere assolutamente sotto occhio.
MIND ERASER : Glacial Reign
(Painkiller, 2004)
I Sulaco sono probabilmente la formazione più interessante dell'intero lotto (insieme ai Mind Eraser). Il terzetto guidato da Erik Burke, che ha in curriculum militanze con Lethargy, Nuclear Assault e Kalibas, suona un post-core progressivo che non pochi comuni denominatori ha coi Mastodon e gli Swarm Of The Lotus: circolarità nel rifferama, architetture ritmiche intricate, ed una certa assonanza col death-core malato dei Today Is The Day e le contorsioni math-metal dei Coalesce. Scorie sludge pervadono il loro debutto su lunga distanza Tearing Through The Roots, rilasciato nell'agosto del 2006 via Willowtip. Gli isterici monologhi dei Nostri si risolvono spesso in code finali immersi in echi psichedelici, ma prima di giungere alla fine bisogna passare per tortuosi tracciati dove l'imprevedibilutà delle strutture è pietanza fissa nel menù. Qualità tecniche parecchio elevate permettono al trio di entrare persino nell'ambito del brutal death metal, sparandoci addosso una mole enorme di elettroni incandescenti.
SULACO : Tearing Through The Roots
(Willowtip Records, 2006)
Con i Pillory ci spingiamo parecchio dentro territori ultra-estremi. Il five-piece di Boston, formatosi nel 2003, non dispensa affatto mitragliate violentissime dove convergono grind-core truculento e brutal death metal di stampo floridiano. In No Lifeguard At The Gene Pool, unico genito discografico del gruppo fino a questo momento, il singer Pete Adams alterna senza tregua urla spacca-tonsille e grugniti e rigurgiti vari. In The Morning Grind pare di essere stati cacciati dentro un mattatoio dove si scannano maiali: versi suini si odono da ogni dove nel caotico finale. Le songs dei Nostri godono di varietà negli svolgimenti, ma ogni tanto soffrono un'eccessiva lunghezza che per album di un certo tipo è un pò controproducente. I Pillory ci sbattono contro una realtà malata e distruttrice, al limite dell'alienazione umana, come spiegano i testi, lontani dalle solite storie di smembramenti vari tanto cari al genere di riferimento. Si ha un attimo di respiro nel tronco centrale di Hangnail In A Fingerfuck, momento di calma apparente con chitarre che si sfibrano verso radure psichedeliche, ma finisce lì. Il resto è un imperituro scorrere di stacchi e ripartenze, picconate in faccia che ci fa sempre un gran bel piacere ricevere.
PILLORY : No Lifeguard At The Gene Pool
(Unique Leader Records, 2005)
Nascono nel 2004 nei dintorni di Louisville, in Kentucky, i Coliseum. È dell'anno seguente il loro debutto su Level Plane Records, intestato con la stessa ragione sociale della band. Lo stile dei Nostri si incastra perfettamente tra il casinismo dei Motorhead, l'irruenza degli Entombed dell'ultimo corso ed il veleno a profusione degli High On Fire. Hanno un impatto devastante come una ruspa e per certi versi parecchio stradaiolo e punk, con chitarre dense e corpose ed un singer dall'ugola al catarro. Non concedono nulla alla melodia, quantomeno nelle linee vocali. Solo nella finale The Simple Answer Is... si ode una lieve sovrapposizione "pulita", ma è un dettaglio alquanto trascurabile. Li aspettiamo adesso per il sequel di Coliseum, che dovrebbe venire licenziato entro l'anno in corso dalla Relapse, etichetta per la quale il combo ha firmato nel dicembre 2006.
COLISEUM : Coliseum
(Level Plane Records, 2005)
Non sono una delle tante entità dedite al metal-core che va tanto in voga di questi tempi i Blacklisted da Philadeplhia. La loro essenza è equamente ripartita tra la rabbia intransigente e belligerante dell'hardcore e la violenza tagliente del thrash. Le strutture dei brani inclusi nel fin qui loro unico lascito discografico The Beat Goes On, pubblicato dalla Deathwish Inc nel 2005, sono ultra-compresse ed infuocate. Le loro composizioni vanno dritte al sodo e sono realmente "straight to the face". I Riff sono lame affilate pronte a lacerare la carne, sorretti da un drumming solido che si lancia in attacchi hardcore notevoli. Anche l'inclusione dei consueti cori rimarca non poco la matrice "core" di questi quattro, incazzati musicisti. Tellurici e rocciosi, thrash-core senza fronzoli o melensi ritornelli con melodie d'accatto. Per questo ci piacciono.
BLACKLISTED : The Beat Goes On
(Deathwish Inc., 2005)
Giunti già al secondo capitolo della loro breve carriera, i Mind Eraser sono davvero gente poco raccomandabile. Di questo quartetto proveniente da Boston sono riuscito ad ascoltare solo l'ultimo Glacial Reign (il primo lavoro si intitola "Cave"), interessante ibrido di grind-core e soluzioni vicine allo sludge e al doom. Impetuosi e solenni decelerazioni in mid-tempo donano varietà all'ossatura dei brani, informati quasi interamente su efferate corse al cardiopalma in tipico stile Nasum (il riffing ne ricalca spesso le gesta). Ciò che più convince dei Mind Eraser è la bravura nel saper miscelare le influenze rendendole un inscindibile tutt'uno. Canzoni come Equation, Full Spectral Dominence, Abuse Excuse, Schizophrenic, Wrote Off e la finale Curtain (mortale tempo medio edificato su un riff che per poco non ci taglia la faccia) sono esempi di come siano capaci di dare vita a musica estrema di un certo spessore. Da tenere assolutamente sotto occhio.
MIND ERASER : Glacial Reign
(Painkiller, 2004)
I Sulaco sono probabilmente la formazione più interessante dell'intero lotto (insieme ai Mind Eraser). Il terzetto guidato da Erik Burke, che ha in curriculum militanze con Lethargy, Nuclear Assault e Kalibas, suona un post-core progressivo che non pochi comuni denominatori ha coi Mastodon e gli Swarm Of The Lotus: circolarità nel rifferama, architetture ritmiche intricate, ed una certa assonanza col death-core malato dei Today Is The Day e le contorsioni math-metal dei Coalesce. Scorie sludge pervadono il loro debutto su lunga distanza Tearing Through The Roots, rilasciato nell'agosto del 2006 via Willowtip. Gli isterici monologhi dei Nostri si risolvono spesso in code finali immersi in echi psichedelici, ma prima di giungere alla fine bisogna passare per tortuosi tracciati dove l'imprevedibilutà delle strutture è pietanza fissa nel menù. Qualità tecniche parecchio elevate permettono al trio di entrare persino nell'ambito del brutal death metal, sparandoci addosso una mole enorme di elettroni incandescenti.
SULACO : Tearing Through The Roots
(Willowtip Records, 2006)
Con i Pillory ci spingiamo parecchio dentro territori ultra-estremi. Il five-piece di Boston, formatosi nel 2003, non dispensa affatto mitragliate violentissime dove convergono grind-core truculento e brutal death metal di stampo floridiano. In No Lifeguard At The Gene Pool, unico genito discografico del gruppo fino a questo momento, il singer Pete Adams alterna senza tregua urla spacca-tonsille e grugniti e rigurgiti vari. In The Morning Grind pare di essere stati cacciati dentro un mattatoio dove si scannano maiali: versi suini si odono da ogni dove nel caotico finale. Le songs dei Nostri godono di varietà negli svolgimenti, ma ogni tanto soffrono un'eccessiva lunghezza che per album di un certo tipo è un pò controproducente. I Pillory ci sbattono contro una realtà malata e distruttrice, al limite dell'alienazione umana, come spiegano i testi, lontani dalle solite storie di smembramenti vari tanto cari al genere di riferimento. Si ha un attimo di respiro nel tronco centrale di Hangnail In A Fingerfuck, momento di calma apparente con chitarre che si sfibrano verso radure psichedeliche, ma finisce lì. Il resto è un imperituro scorrere di stacchi e ripartenze, picconate in faccia che ci fa sempre un gran bel piacere ricevere.
PILLORY : No Lifeguard At The Gene Pool
(Unique Leader Records, 2005)
LINKS:
www.myspace.com/coliseum
www.myspace.com/blacklisted
www.myspace.com/minderaserhc
www.myspace.com/sulaco
www.myspace.com/pillory
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