mercoledì 23 marzo 2011

JOHNNY CASH : At Folsom Prison


Questo è un cazzo di live. Sudato, intenso. Vissuto.

Quanti dischi dal vivo vengono pubblicati nel contemporaneo e iperaffollato mercato discografico con la stessa intensità, la stessa veracità, la stessa forza evocativa? Quelli d'oggi sono manufatti, “istantanee” - come piace tanto alle band chiamarli - false dalla testa ai piedi che non vengono mai lanciate in pasto ai fans, già pronti con gli euro stropicciati in mano, senza prima passare dalla sala operatoria per un bel lifting o una mastoplastica additiva che le renda impeccabilmente bugiarde. Live al botulino, pura plastica fondente 100%, meglio se arricchita da qualche ovazione degna dell'applausometro de La Corrida o di un'opprimente sit-com a caso. D'altronde, che ci si attende da una società che si specchia ammiccante nella sua terrificante bellezza in vitro?

Penso a Johnny Cash e sento la voce di uno che ne ha passate di cotte e di crude, ma che ha saputo conservare un'umanità ed una sensibilità profondissime, che sono poi affiorate in tutta la loro spoglia magnificenza nei lavori degli ultimi anni, su tutti la serie "American" registrata da Rick Rubin.

Poco importa se nella setlist alla Folsom Prison manchino alcuni cavalli di battaglia: Cocaine Blues, Folsom Prison Blues, 25 Minutes To Go, Orange Blossom Special valgono l'intero prezzo del biglietto, e non ho menzionato la toccante The Long Black Veil. Ma è uno show perfetto da cima a fondo tra ballate pastorali e accessi country da manuale. Musica che oltrepassa la pelle, s'intrufola nelle vene e si mescola col sangue diventando parte di te, frammento dell'enorme colonna sonora della tua vita.

Canzoni che sono storie di crimine, di esistenze trascorse dietro le sbarre tra passati difficili e presenti ancora più foschi. Ma Cash dà voce alla speranza dei reietti di questo mondo lercio ed ipocrita. 

Tossisce, sorride, interagisce col pubblico, Johnny. Sono le imperfezioni a rendere questo live l'immortale testimonianza di un evento che rivive nella sua riproduzione tecnica – ciao Benjamin.

La testimonianza di qualcosa dall'inestimabile valore. Di autentico. Di assolutamente umano.

(1968, Columbia)

Nessun commento: