sabato 27 gennaio 2007

QUINTORIGO : In Cattività


I Quintorigo meritano un posto d'onore nella storia della musica italiana. In primis per l'eccezionale singolarità della loro proposta, nonché per il pregevole estro strumentale. In secondo luogo per aver avuto in formazione un cantante come John De Leo, impressionante manipolatore umano di tonalità e timbri (adesso rimpiazzato da una Luisa Cottifogli davvero all'altezza). E, non ultimo fattore, per la sempre altissima qualità dei lavori rilasciati. Un bellissimo esordio nel 1999 con “Rospo”, la cui title-track vinse (meritatamente) il premio della critica al festival di Sanremo, manifestazione che vide i Nostri rispondere nuovamente presente all'appello l'anno successivo con l'intrigante “Bentivoglio Angelina”, inclusa in “Grigio”, disco che attirò su di loro l'attenzione di un'inattesa più vasta fetta di pubblico. Ciò che mi ha sempre affascinato del quintetto romagnolo è la geniale ed irrimediabile fusione di linguaggi sonori quasi in antitesi tra loro: assetto da musica da camera (sax, violino, violoncello, contrabbasso), attitudine rock, songwriting d'autore, inflessioni jazz, oltre ad un'incredibile capacità di rielaborazione di brani altrui. Elementi che nell'ultimo full-length in compagnia di De Leo vengono condotti alle estreme conseguenze, lasciando inoltre deflagrare il genio incontaminato del gruppo che si abbandona alla più totale sperimentazione nelle atmosfere, nelle strutture, nei suoni, negli stili. In In Cattività la banda di Forlì raggiunge i massimi vertici espressivi e l'assoluta maturità, superando di gran lunga i già elevati picchi contenuti nei primi due lavori in studio. Non deve quindi stupire se il termine capolavoro calza a pennello in questo caso. Il dissonante e spettrale violino che precede il perverso “dormi” sussurrato da De Leo in apertura di Illune (ninna nanna) ci immerge già nella fumosa aria che avvolgerà l'intera opera. Pulviscolo che pare diradarsi con le luminescenze di Neon-Sun, ammaliante rivolgersi ed intersecarsi di armonie sospese su cui si adagiano pindarici vocalizzi. La romantica Bogliasco ci proietta in una camera da letto le cui tende si muovono sinuose e malinconiche sospinte da miti brezze di un amore appena infranto, ma è anche il preambolo al grottesco circo messo in piedi da U.S.A. e Getta, che rimarca il dissenso no-global della band già ampiamente espresso in passato con “Egonomia” (contenuta in “Grigio”). L'intermezzo strumentale Myxectbo n Ckopocts rielabora parte del refrain della meravigliosa Neon-Sun, ponendo in risalto la coesione tematica del disco, apparentemente frammentata dall'enorme mole di stili mescolati per l'occasione. Si pensi allo schizofrenico rap di Raptus, cronaca frazionata in tre parti di una fantomatica riunione di un condominio in cui risiede un signore inesistente: paurosa sequenza di sbalzi di registri vocali ed enorme dimostrazione di quanto la voce di De Leo sia teatrale ed espressiva come poche, duttile e versatile. Non potevano di certo mancare le cover. Ad essere ricostruite stavolta ci sono le oscurità di Clap Hands di Tom Waits, il celeberrimo standard swing composto da Cole Porter Night And Day e l'altrettanto famosissima Darn That Dream scritta a quattro mani da Eddie Delange e Jimmy Van Heusen. Persino un brano autografo, Deux Heures De Soleil (originariamente nel debutto “Rospo”) viene adesso riproposta tra esplosioni di ira e rilassamenti. La meravigliosa voce di Ivano Fossati fa il suo cameo dapprima nella penombra jazzata di Dimentico e poi nel serpeggiante fascino di Illune, schiusa da percussioni lievi, languidi e liquidi accordi di pianoforte, spicca il volo tra archi dal sapore cinematografico che ne sorreggono gli effluvi emotivi. Il coraggio non è quindi mancato ai cinque talenti romagnoli che scandagliano con la maturità e la consapevolezza dei grandi ogni impulso artistico, dando origine al loro vero e proprio capolavoro, piccolo monumento alla creatività senza limiti e momento di grazia assoluta per uno dei patrimoni musicali di cui l'Italia può e deve andare fiera.


(Universal, 2003)
Illune (ninna nanna) / Neon-Sun / Clap Hands / Bogliasco / U.S.A. e Getta / Myxectbo n Ckopocts / Dimentico / Night And Day / Deux Heures De Soleil – deux / Raptus (Il Signore Inesistente) / Rap-Tus / Raptus (La Dimora Inaccesa) / Darn That Dream / Illune

2 commenti:

FeblueS ha detto...

Grande Marcantante, favolosa recenzione di uno degli album che più adoro, nonchè il gruppo che personalmete merita di più in italia, tra tanta munnizza, spicca un isola verda. Peccato che il sig. john se ne sia andato. Tuttavia visti dal vivo l'anno scorso in paliemmo, la nuova cantante sa il fatto suo, poteva andare peggio!
Un caro saluto mai friends (da leggere con accento palermitano).

PS: augroni per il nuovo gruppo, attendo con ansia il disco! hehehhe
cià

Anonimo ha detto...

Dopo questo lavo chiunque in italia volesse fare un disco dovrebbe pensarci almeno 10 volte e vergognarsi pure un po'.
Disco assolutamente inarrivabile, per genialità, contenuto, tecnica esecutiva, inventiva, ed espressività.