venerdì 3 agosto 2007

IMPRESSIONS #4

FLOODGATE : Penalty
(Roadrunner, 1996)

I Floodgate hanno lasciato una sola, ma pur sempre validissima testimonianza della loro breve esistenza. Kyle Thomas, il frontman, fa adesso parte degli Alabama Thunderpussy, coi quali ha dato vta giusto questo anno all'ottimo "Open Fire". Penalty è un disco solido, impiantato su un rifferama derivato dai codici dei Black Sabbath, eterno punto di riferimento per chi si dedichi a certe sonorità. I Floodgate hanno dalla loro una buonissima vena melodica (complice la versatile voce di Thomas, qui affiancato dal fratello Kevin al basso) ed una spessa corazza vicina alla grassezza dello sludge (Through My Days Into My Nights sta dalle parti dei Crowbar, la seguente Till My Soil l'avrebbero potuta scrivere i Corrosion Of Conformity). Le distorsioni sono quindi corpose e sintetizzano il lato più muscolare del gruppo, mai troppo dipendente dagli ascendenti dei Seventies (ci sono anche i Blue Cheer da qualche parte sparsi), pur ammiccando non sporadicamente al southern rock (la ballad Whole fa però troppo il verso alla celeberrima "Planet Caravan" dei Sabbath). Band da molti dimenticata, non fondamentale, ma che se avesse perseverato sarebbe da annoverarsi tra i Big del genere.


COLOSSAMITE : Economy Of Motion
(Skin Graft, 1998)

I Dazzling Killmen furono una delle espressioni più fulminanti ed eminenti del math-rock statunitense della prima metà dello scorso decennio. Non è di loro che parlo in questa sede però (anche se lo meriterebbero eccome), ma dell'avventura successiva ad essi del vocalist (??) Nick Sakes, i Colossamite. Quartetto composto da ben tre chitarre (senza basso, c'è oltre solo la batteria di Chad Popple), la loro è un'incursione nelle lande più malate del math, cui si rifanno per certi incastri di chitarra spigolosi e caotici, oltre che per una schizofrenia jazzata nell'impianto ritmico. Le linee vocali (??) riescono ad uscire fuori dal consueto urlare sguaiato e folle solo nella riflessiva Busy Little Hand, Economy Of Motion per intero è mosso da pulsioni primitive, violente, ma anche di aperture di classe (Tooth Of DaVinci). Tutti tranne Sakes andranno, di lì a poco, a dar vita ai non meno folli (e molto più sperimentali) Gorge Trio, progetto di cui attendiamo notizie da un pò.


MAMMATUS : The Coast Explodes
(Holy Mountain, 2007)

Mammatus è il nome attribuito dai metereologi ad un'enorme e spettacolare formazione nuvolosa che si forma in particolari condizioni climatiche. È anche la ragione sociale adottata da quattro eccezionali musicisti di Santa Cruz, California, invero quanto di meglio si sia udito in tempi recenti in ambito progressive/psichedelico. La musica di The Coast Explodes pare confondersi con la natura, riappropriarsi di quella sua genuina naturalezza proiettandosi fin oltre l'esosfera, accendersi come una palla di fuoco e vibrare verso gli astri. È il rito primordiale di fusione della natura umana con gli elementi terrestri (The Changing Winds), la corsa al cardiopalma negli acidi percorsi space-rock dei precursori Hawkwind o degli Ozric Tentacles (la mostruosa opener Dragon Of The Deep Part Three (Excellent Swordfight), epitome del Mammatus-pensiero). Voce alta e allucinata che si insinua, senza mai salire in cattedra però, tra stilettate di giri chitarristici discendenti dello stoner. E dall'infinità dello spazio si torna sulla Terra e si scava, fino ad arrivare al nocciolo, al centro del pianeta per dissolversi tra gli incandescenti gas (la teminale title-track). Mai così retrò, mai così freschi, non una caduta, non un singolo passaggio a vuoto, quaranta minuti di alta scuola.

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