venerdì 20 aprile 2007

STRAPPING YOUNG LAD : City


Impressionante capolavoro della scena metallica della scorsa decade, City è anche un disturbante ed estremo manifesto delle barbarie psichiche che il sistema sociale contemporaneo perpetra giornalmente nei confronti degli individui, annientandone le attività mentali, rendendoli emeriti parassiti svuotati di ogni impulso umano, incapaci di instaurare profondi rapporti col prossimo. Di tale situazione si fanno portavoce gli Strapping Young Lad dello psicopatico e genio ipercreativo Devin Townsend. Belluini fabbri di furia metallurgica, i Lads penetrano fin dentro le viscere del sistema per ridurlo in polveri impercettibili, frantumandone ogni regola con intenti iconoclasti e sovversivi. La metropoli è il grembo entro il quale ogni singolo ego annega nell'oceano dell'anonimato, serrato negli inumani orari di lavoro, farciti come polpettoni con tutta la spazzatura che i mass-media proiettano ogni santo giorno, adepti del pagano culto dell'oggetto, automi che affollano con occhi spauriti i marciapiedi dell'enorme agglomerato urbano che li fagocita lentamente. L'odio nei confronti della massa amorfa senza ideologie ed obiettivi raggiunge come un razzo infiammato pericolosi stadi di parossismo acuto. Un gran bel vaffanculo alto quanto un grattacielo è servito con ghigno isterico alla stupid people e alle loro useless fucking lives. Un tale catastrofismo a livello lirico non poteva non bearsi di un contorno sonoro trita-timpani e sciogli-cervella. Avendo in line-up un'assoluta belva ferina come Gene Hoglan alla batteria e altrettanto dotati “commilitoni” come Jed Simon alla seconda chitarra e Byron Stroud al basso, il buon Devin si sguinzaglia con belligeranti intenti per scatenare l'apocalisse. Tonnellate di chaos cibernetico, suoni convulsivi e formicolanti che sedimentano come macigni su distorsioni che sono bisturi poggiati poco simpaticamente alla gola, pronti ad affondare, assolute estremizzazioni degli schemi dettati dai Fear Factory di “Demanufacture”. Velvet Kevorkian è la dichiarazione di guerra, All Hail The New Flesh, oltre ad essere il manifesto programmatico dell'intera opera, è la genesi della mattanza, tempesta di battute e riff affilati su cui si stagliano le impetuose melodie di Townsend. “City” non è infatti tutto rumore come solo gli ascoltatori più disattenti (o magari, disabituati a tanta devastazione sonora) potrebbero intendere. Al suo interno si agitano sempre grandi ed epiche melodie che concedono una più vigorosa intelligibilità, come il finale di Detox testimonia, solco informato da un riff che esce dalle casse come una mannaia su un impianto ritmico a tratti power-thrash. Oh My Fucking God è la vetta più alta della ferocia nichilista dei quattro, con frangenti di rumore elevato ad infinito, delirio pulsante che si estrinseca soprattutto nei versi, impossibili da decifrare durante l'ascolto. Devin è lo strizzacervelli in perenne crisi di nervi, sbraita come fosse posseduto, declama, manda affanculo tutto e tutti, apre puliti squarci e poi torna col suo fare farneticante, ma non senza quel suo sense of humour degno dei geni incontaminati come lui. Da queste parti il disordine è regolato da ferrei paradigmi di lucida follia. Hoglan è letteralmente polverizzante col suo drumming da drum-machine (in)umana: il suo ingresso in All Hail The New Flesh è una letale crisi tachicardica, tanto per fare un piccolo esempio. Home Nucleonics è una bomba pronta ad esplodere sotto i caldi guanciali degli stupid human beings, messi in guardia del fatto che la technology will hit us while you're looking for a man. E a quel punto nutrire rimorsi sarà del tutto inutile, nonché fuori tempo massimo. Tutto ciò funge da preambolo al momento più “normale” del disco, AAA, marziale e sinuoso tempo medio che più si avvicina morfologicamente ad una comune canzone. La cover di Room 429 dei Cop Shoot Cop sta proprio in mezzo all'ennesima sfuriata di ira funesta di Underneath The Waves e la conclusiva Spirituality, la cui maestosità appare come la proclamazione di una vittoria sugli impertinenti ed anonimi individui su cui si sono riversate così tante scariche elettriche sterminatrici. O, più verosimilmente, come la ricerca di una spiritualità oramai persa nel sistema di valori collettivo, riponendo una fioca speranza sull'esistenza di qualcuno che là fuori senta ancora il bisogno di averne una. Un'esplosione nucleare di veemenza mai vista prima, questo album ha spostato più avanti il baricentro dell'estremismo musicale alla maniera di un vento atomico. Osservato attraverso la lente “sociologica”, “City” è un oltranzista urlo che buca come la punta di un trapano la cortina fumogena della “fasulla personalizzazione” (suonerie personalizzate, accessori personalizzati, vacanze personalizzate e via di personalizzazione andando) svenduta a buon mercato da chi punta al controllo totale dei comportamenti della massa, sempre più frustrata da un benessere tecnologico che è solo un palliativo propinatole per star zitta e continuare a muoversi nello scacchiere del mercato, resi giorno dopo giorno disumanizzati vagabondi delle enormi strade della metropoli, che di questo “inarrestabile progresso” è il simbolo più vistoso. Fedele specchio del disordine ideologico/morale che regna sovrano nell'età contemporanea (ed in dieci anni dalla sua pubblicazione la situazione è andata solo peggiorando), non ci si scandalizzi affatto del suo codice genetico altamente distruttivo e violento. Una società estrema non può non dar adito alla nascita di opere estreme. E “City” è, tra queste, uno dei capolavori supremi.

(Century Media, 1997)
Velvet Kevorkian / All Hail The New Flesh / Oh My Fucking God / Detox / Home Nucleonics / AAA / Underneath The Waves / Room 429 / Spirituality

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