lunedì 24 dicembre 2007

2007 : In Nominae Relapse

Per chi ama le sonorità dure e contaminate questo 2007 che volge oramai al termine non può non essere ricordato come l'anno della Relapse. La label statunitense, da febbraio a novembre ha immesso sul mercato una considerevole mole di album di livello medio-alto, marchiando probabilmente il suo periodo più prolifico. della macchina da guerra gestita dalla premiata ditta Yurkiewicz/Jacobson. In un anno poverissimo di dischi di rilievo in ambito Metal (con la M maiuscola), la perseveranza, l'attenzione e lo "stile" dell'etichetta guidata dal binomio Yurkiewicz/Jacobson sono davvero una delle pochissime note intonate dell'attuale (e sempre più spompato) panorama metallaro. Peccato solo che Neurosis e Nile si siano congedati dal parco delle (mostruose) meraviglie Relapse, altrimenti la concorrenza sarebbe stata seriamente rasa al suolo.

Gli album menzionati sono ordinati in ordine cronologico in base alle date di pubblicazione ufficiali. Tutte le uscite sono state recensite dal sottoscritto e trovate i relativi articoli nell'archivio della webzine Silent Scream ed alcune in quelli de Il Cibicida e Taxi-Driver.


06.02 : CAR BOMB Centralia

Discendenti di gente come Dillinger Escape Plan e Today Is The Day, aspettarsi docili carezze felpate dai Car Bomb sarebbe utopistico. La band picchia con fare nevrastenico e convulsivo anche se ogni tanto si avverte una certa inesperienza nel songwriting. Il loro math-core è ben costruito e mette in rilievo certe doti personali, nonostante le evidenti ascendenze. Da tenere sott'occhio, nome che promette scintille future.
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06.02 : THE END Elementary

Le luciferine visioni di un
caotico albo come "Within Dividia" non parrebbero nemmeno appartenere alla stessa formazione che forgia questo Elementary. Con un nuovo vocalist, i The End ripartono (quasi) da zero, tenendosi la claustrofobia del passato, ma guardando adesso a lidi sonori differenti, come il thrash evoluto di Meshuggah e SikTh ed il progressive moderno di marca Tool. E' un disco non semplice da assimilare, nonostante vi siano non rare aperture melodiche ed alcune songs accessibili come The Never Aftermarth e Throwing Stones. Album cupo che è un vero e proprio bivio per i canadesi ma che dimostra che sotto la ferraglia dell'esordio vi era ben più che un'iconoclasta voglia di radere al suolo tutto.
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20.02 : MINSK The Ritual Fires Of Abandonment

La psichedelia del nuovo millennio passa inevitabilmente da qui. Il rituale dei Minsk espianta l'anima dal corpo e la dissolve in un pulviscolare nirvana che chiude definitivamente l'opprimente samsara che ci lega a questo mondo e alle sue sofferenze, ai suoi dolori. Ma prima bisogna sciogliere i legami e abbandonare tutto, il sangue e la carne compresi. Onde che si alzano e si abbassano lente, magmatiche, nel cerimoniale in cui Tool, Neurosis e Dead Can Dance si fondono in un tutt'uno. Il picco più alto del 2007 targato Relapse.
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20.02 : RWAKE Voices Of Omens

Malvagi e sporchi come pochi in giro, i Rwake si confermano tra i migliori esponenti del doom/sludge. Andature rallentate che fanno largo ad improvvisi colpi d'acceleratore, tetri intarsi acustici, una voce psicopatica e malefica a rendere ancora più lercio un sound venuto direttamente dal fango. Ci si immagini i Mastodon dediti al doom, ma sempre disposti a rifilare stilettate di un certo calibro. Classe cristallina da un mefitico acquitrino e Voices Of Omens un disco da ricordare. I compagni di label Unearthly Trance sono avvisati.
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06.03 : ALABAMA THUNDERPUSSY Open Fire

La sola title-track sintetizza perfettamente l'essenza di un disco che pesca direttamente negli stilemi classici dell'heavy-metal. Ad incendiare il microfono c'è Kyle Thomas, ex-vocalist dei dimenticati Floodgate, e la band tira fuori una prestazione maiuscola carica di potenza e compattezza. Un pò più lontani dall'hard-sludge dei dischi precedenti ma non meno muscolari, i Thunderpussy aprono il fuoco e accade il finimondo. Album tosto e conferma per un gruppo che si tende spesso a mettere in secondo piano, sbagliando.
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06.03 : DYING FETUS War Of Attrition

Ad onor del vero, uno dei lavori migliori usciti in questo anno di vacche anoressiche in ambito metal tradizionale. Ed è tutto dire, perché i Dying Fetus non fanno altro che riprendere ciò che han sempre fatto, ma magari con una punta di hardcore in più che certifica una lieve apertura nella rinomata ortodossia dei newyorkesi. I quali sparano fuori un lavoro denso ed efferato che non lascia scampo, come da tradizione.



12.03 : LENG TCH'E Marasmus

Forse un'evoluzione
del genere era anche prevedibile, ma i belgi Leng Tch'e vanno oltre. Dal furibondo e "nasumiano" grind-core di "The Process Of Elimination" si giunge ora ad un (brutal)death metal evoluto, venato di sludge e stoner, aperture un pò più rock del solito ed una complessità, figlia di una certa maturità, ed un affrancamento dai prodromi di base non indifferenti. Segno che oramai l'impermeabilità di un linguaggio sonoro tanto scandagliato come quello del grind-core non fa più parte della nuova generazione di mutanti della musica pesante.
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15.05 : ANTIGAMA Resonance

Invero uno dei punti più bassi di quest'annata per l'etichetta. E dire che dagli Antigama, dopo il bel "Zeroland", ci aspettavamo di sicuro un album di tutto rispetto. I polacchi invece si limitano al minimo sindacale, ricusando le peculiari sortite semi-industriali dello sperimentale disco precedente ed accodandosi al trend del grind/death schizofrenico. Resonance non è un disco da buttar via, ma poco riesce a farsi ricordare in termini di freschezza di idee. Potevano decisamente far di meglio.
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29.05 : CEPHALIC CARNAGE Xenosapien

Già di per sè condivido le "fantascientifiche" teorie evoluzioniste dei Cephalic Carnage, poi se tirano fuori una roba come Xenosapien, album violento cerebralmente ancor prima che fisicamente, finisce che questo va a piazzarsi come uno dei migliori lavori estremi dell'anno. Un pò meno sperimentale di "Anomalies", questa nuova prova ribadisce la caratura del five-piece di Denver, che si prende pure il lusso di infilare un sax inatteso in G.lobal O.verhaul D.evice, mentre tutt'attorno è un perenne stridere di ferraglia insanguinata. Da annoverarsi tra i nuovi maestri del metal estremo.
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12.06 : PIG DESTROYER Phantom Limb

Ciò che è stato detto in chiusura del trafiletto sopra vale anche per i Pig Destroyer. Phantom Limb non ha riscosso unanimi consensi com
e accadde per il terrificante "Terrifyer". Probabilmente non tutti hanno colto il coraggio della band guidata da J.R. Hayes, intenta ad uscire dai reticoli del grind-core ultra-sparato e pronta ad aprirsi verso sonorità non ancora esplorate (almeno per loro) come lo stoner ad esempio. Le rasoiate thrasheggianti che i Pig Destroyer sanno infliggere farebbero impallidire persino i maestri Slayer tanto sono feroci e malefiche e non sto mica scherzando. Provare per credere, miei piccoli San Tommaso.
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27.08 : COLISEUM No Salvation

La Relapse se l
i è accaparrati direttamente dall'interessante catalogo della Level Plane dopo un debutto eponimo di tutto rispetto. Affetta dal punk/crust, quella dei Coliseum è una perene scorribanda a metà tra High On Fire e Motorhead, ma plasmata con una decisa personalità che lascia intendere buoni sviluppi futuri. Ryan Patterson, mastermind della cricca, trascina i suoi come la motrice di un tir lasciato in discesa senza freni verso la distruzione del mondo. Alla fine non vi è nessuna salvezza, sia chiaro.
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04.09 : BARONESS Red Album

Questo è uno degli album sordio migliori che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tre, quattro anni. Dando un orecchio ai due Ep che segnarono gli esordi del gruppo, una virata verso un sound così vintage e settantiano non era poi tanto facile da pronosticare. I Nostri tengono a bada l'ascendenza Mastodon e mirano a dare fisionomia ad un hard-rock che si fonde col progressive di nuova concezione, aprendosi a levigate digressioni psichedeliche, accentuando la componente melodica delle linee vocali, pur sempre parecchio "grattate". Rays On Pinion, Isak, Wanderlust, The Birthing, O'Appalachia, Wailing Wintry Wind sono i picchi più alti di un disco senza nessun momento debole. Persino l'artwork, realizzato dal vocalist/chitarrista John Baizley (alle prese con la cover dell'ultimo Pig Destroyer), è uno dei migliori dell'anno. Una nuova grande promessa: teniamoceli stretti.
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18.09 : HIGH ON FIRE Death Is This Communion

Ecco cosa vuol dire suonare heavy-metal legato alle radici in maniera fresca e senza cadere nei cliché del genere. Death Is This Communion è invero il capolavoro della creatura post-Sleep di Matt Pike, paladino di un sound arcano ma dannatamente moderno che spazza con un solo riff (quello dell'iniziale Fury Whip) porcherie ambulanti come Trivium ed Avenged Sevenfold dalla faccia del pianeta. Questo è il nuovo e vero Heavy Metal e gli High On Fire sono tra i migliori esponenti del genere. Un album grumoso e possente e devastante che non ci permette di rifiatare nemmeno quando i ritmi si fanno più blandi (Khanrad's Wall). Uno dei nuovi classici della musica pesante. Punto e basta.
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02.10 : ALCHEMIST Tripsis

Sempre indefinibili e con più piedi in una sola scarpa, gli australiani Alchemist continuano a dar vita ad album degni del rispetto degli appassionati di musica intelligente e ricercata. Le loro songs non sono mai banali e le atmosfere spaziali si coniugano perfettamente con quel peculiare riffing tagliente che in più punti ammicca alle dure caratteristiche post-core. Sanno dosare forza e cervello senza che le due componenti si sleghino, magari sperimentando un pò di meno, ma dimostrandosi una delle formazioni più convincenti ed incatalogabili in circolazione.


12.11 : DILLINGER ESCAPE PLAN Ire Works

Lo hanno detto tutti: oramai i Dillinger hanno la pattonite. E mi sa tanto che ai tutti non si può dar di certo torto. Questo è il loro disco più coraggioso perché il più melodico, quello che attirerà più critiche ma nel contempo dimostrerà quanto i Nostri siano tanto duttili quanto intelligenti. Fa un pò uno strano effetto sentire il rockabilly malato di Milk Lizard o l'heavy-pop di Black Bubblegum provenire dagli ampli di un gruppo che ha codificato un genere tanto oltranzista come il math-core di estrazione grind. "Miss Machine" è il loro masterpiece, questo certifica la voglia di non rendersi schiavi degli schemi che essi stessi hanno creato. Gente con coraggio da vendere.
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mercoledì 19 dicembre 2007

NEUROSOUNDS VOLUME 1: STONES FROM THE SKY


È finalmente on-line NeuroSounds Vol.1: Stones From The Sky, la prima compilation sulla scena "post" underground italiana, messa a punto dallo staff del NeuroPrison, il forum italiano sui Neurosis e sulla scena post-hardcore.

I due cd sonorilasciati su licenze Creative Commons e sono gratuitamente scaricabili dal sito: neuroprison.blogspot.com

Di seguito la tracklist della compilation:

CD X

Vanessa Van Basten : La Scatola (6.10)
Lento : Need (5.50)
Morkobot : Zorgongollac (3.04)
Infection Code : Sweet Taste Of Sickness (4.50)
Tears|Before : Portland (6.32)
Incoming Cerebral Overdrive : Food (2.54)
Storm{o}: Inconsiderata Putrefazione (3.20)
Sicklown : Illusion (8.05)
Psychocean : Overtones (4.57)
Amia Venera Landscape : A New Aurora (7.09)
Juggernaut : Nailscratched (4.35)
Jagannah : Pyl (4.00)
Last Minute To Jaffna : Dawn (11.20)
Deflore : Home (3.05)

CD Y

One Starving Day : Black Star Aeon (12.34)
Fog In The Shell : The Night Will Not Stay (8.24)
Tomydeepestego : Mizar (11.27)
Three Steps To The Ocean : Submerged Universe (10.17)
Viscera/// : White Flies (7.53)
A Cold Dead Body : Our Best Years (7.05)
Orbe : Aleph (6.20)
Turquoise : Glimmervoid (8.20)
Larva : La Pioggia e Le Lumache (7.01)

lunedì 10 dicembre 2007

TOOL : Lateralus


Nel disquisire di vere e proprie pietre miliari della musica il rischio di tracimare in una secca pozzanghera di luoghi comuni e di concetti espressi fino allo sfinimento è sempre in agguato. Tutti hanno detto qualcosa in merito, tutti hanno sviscerato ogni minimo fraseggio di chitarra, ogni semplice virgola delle liriche, tutti hanno fatto affiorare messaggi reconditi reali o, a volte, mere allucinazioni, tutti hanno vivisezionato il corpus in maniera tanto minuziosa da non lasciare nulla nell'ombra. Dire qualcosa di nuovo su Lateralus? No, non è certo il mio compito, nessuna pretesa. Probabilmente il disco più influente e fondamentale della musica pe(n)sante del nuovo millennio. Non è necessario essere un fan dei Tool per convenire con l'assunto di cui sopra. Gran parte delle forme di metallo evoluto, del rock più fresco ed intelligente, dell'umbratile universo "post" ha contratto un enorme debito con la formazione di Adam Jones e Maynard James Keenan. La gestazione di "Lateralus" è lunga e un pò offuscata dalle nebbie del dubbio in merito al proseguo della carriera della band, alle prese con fastidiosi intoppi legali con la loro label, la Volcano, e side-projects di lusso (gli A Perfect Circle). Il suo parto giunge comunque il 15 maggio del 2001, quattro anni e mezzo dopo il già disarmante "AEnima". Alcune delle arcane accezioni del disco sono già espresse nel folle artwork realizzato dal visionario pittore Alex Grey ed ispirato dalle idee del chitarrista Adam Jones (i due si conobbero durante un'esposizione di Grey nel 1999), con rimandi all'anatomia, all'ascetismo orientale, alla cabala. La copertina, il cui disegno finale è la risultante di immagini sovrapposte, ben si sposa con le architetture sonore che i quattro musicisti sono in grado di concertare. Le composizioni smembrano la forma canzone, pur mantenendo fede all'impianto con un'idea nucleare supportata da una protesi che la amplia, ed intorno a ciò ruotano le diverse variazioni su tema, sempre pertinenti con la matrice del brano. Si ottiene così una coesione narrativa che lambisce la perfezione, in cui ogni song assume le sembianze di un capitolo che ha vita a sè ma totalmente assorbito nella trama generale. Il manto ritmico è rigoglioso di tempi dispari e spostamenti di accenti, spettro ampliato da tratti percussivi di impronta etnico-orientale (la triade Disposition, Reflections, Triad è il compendio finito), mettendo in mostra l'impressionante crescita tecnica di Danny Carey (il rullante secco di questo album ha fatto scuola, tra le altre cose). Il lavoro di Justin Chancellor al basso ne palesa non soltanto le abilità strumentali, ma è evidente l'enorme duttilità del suo stile, ancor più che rispetto al passato chitarrista aggiunto con le sue trame fitte e fondamentali per la coralità dell'opera. Adam Jones si prende la briga di ridisegnare i paradigmi della chitarra rock moderna, facendo di una precisa ampiezza degli intervalli una delle caratteristiche principali del suo riffing. Le salmodianti melodie di Maynard James Keenan paiono strisciare sui tessuti strumentali penetrandoli tra le maglie ed omogeneizzandosi ad essi, complice anche il particolare trattamento della voce, equalizzata e mixata in maniera alquanto singolare (pare incassata tra due muri e provenire da chissà dove, è al contempo disgiunta dal resto ma ne fa inevitabilmente parte all'origine). La produzione è in condominio tra la band e David Bottrill (già in cabina di regia per "AEnima") e rivela una cura maniacale dei suoni, spesso gelidi e distanti, i cui strati nascondono dettagli che emergono anche a distanza di anni dal primo ascolto. La macchina aliena si innesta e sette secondi più tardi il tribalismo di The Grudge invade i padiglioni auricolari, distendendosi tra sinuosi risvolti poggiati su un riff ipnotico ed altalene di pieni e vuoti con quel basso "lunare" a tagliare improvvisamente la corrente. Sin dalla prima traccia si può notare il particolare lavoro di distribuzione della metrica nei testi di Keenan, segmentati attentamente seguendo la sequenza ritmica delle sillabe di ogni parola. Cosa che è palese nel decadente neo-surrealismo di Schism, invero la traslazione di un componimento cameristico in partiture rock che avanza con una stralunata cadenza in un'impalcatura poliritmica legata da una sopraffina filigrana. Il dittico Parabol / Parabola coagula gran parte dell'essenza ascetico/esoterica dell'album, l'anima si dimena all'interno di un corpo che è un semplice mezzo, una forma materiale che ingloba ciò che di inafferrabile ma tanto prezioso è in noi. Ma il punto focale è la title-track, il cui titolo si rifà(rebbe) al processo di lateralizzazione dell'essere umano, e quindi, al continuo evolversi della mente nell'esistenza terrena. Il (quasi) minimale giro iniziale funge da ouverture ad un continuo susseguirsi di esplosioni e ribassamenti, in un ciclico giro di dinamiche semplicemente da manuale. Il climax finale è poi l'apogeo emotivo dell'intero disco, autentico vortice che risucchia ogni componente del nostro corpo in uno spazio indefinito ed indefinibile. La dinamicità delle canzoni è indubbiamente un aspetto molto importante e The Patient non ne è di certo esente (Eon Blue Apocalypse è il suo prologo, così come Mantra per "Schism"), con una prima sezione che cresce lenta e che si squarcia in prossimità del refrain, seguendo chitarre ruggenti (ed in certi momenti inoltrate in sentieri parecchio metallici), fino alla fine dove le bellissime melodie della sei corde supportano in "seconda voce" quella di Maynard. Ticks & Leeches appare sin da subito come un brano atipico, principalmente nell'approccio vocale graffiato e distorto, in cui gli esoterismi ritmici prendono il sopravvento. Con Disposition, chiosando la lirica, il tempo cambia e si fa ricco di penombre, e ci ritroviamo ad errare tra sentieri desertici rischiarati dal riflesso lunare, ambiente perfetto per la meditazione. Reflections così diventa la liturgia in cui Maynard sale in cattedra con le sue linee ipnotiche che zigzagano su tortuose evoluzioni orientaleggianti, e la trance si sposta lentamente dalla mente al cosmo tramite fasci luminosi di cui ancora una volta Adam Jones è l'artefice. A suggellare la "suite" giunge Triad, selvaggio assalto strumentale, stavolta un pò meno complesso del solito, ricco di insidiose eco, come se una tribù stesse officiando un rito propiziatorio. Chiude il cerchio la disturbante Faap De Oiad, grumosa massa di rumori che insidiano il monologo di un telespettatore americano spacciatosi per un impiegato dell'Area 51, successivamente rivelatosi uno scherzo: resta comunquea alto il tasso di suspence, soprattutto quando la telefonata si interrompe improvvisamente. "Lateralus" è il punto di non ritorno dei Tool e del rock, adesso mutato in maniera irreversibile. Forgiato in un non identificato angolo della ricerca artistica, questo albo è un oscuro monolite che irradia fascinosi e misteriosi raggi magnetici capaci di proiettarci in una dimensione ultraterrena. Esperienza sacra di una sacra realtà.

(Volcano, 2001)
The Grudge / Eon Blue Apocalypse / The Patient / Mantra / Schism / Parabol / Parabola / Ticks & Leeches / Lateralus / Disposition / Reflection / Triad / Faap De Oiad.