martedì 19 gennaio 2010

LIBRI : David Foster Wallace, Brevi Interviste Con Uomini Schifosi

David Foster Wallace ci ha lasciati troppo presto. Sconfitto dalla depressione, altra e forse orrendamente più vera faccia di una società che anela con voracità a quella felicità costruita in laboratorio dai pubblicitari. E di questa società di massa Wallace è sempre stato caustico osservatore e spietato critico, a volte con un estro umoristico esilarante, altre volte con fotogrammi toccanti e profondi. Uscito nel 1999, a tre anni da quell'enorme successo di pubblico e critica che fu “Infinite Jest”, malloppo di oltre 1200 pagine (di cui 100 di sole note scritte di tutto pugno direttamente dall'autore e parti integranti della storia), Brevi Interviste Con Uomini Schifosi è l'emblema del Wallace più sperimentale, lanciato a briglia sciolta nella manipolazione del racconto breve.
Spina dorsale del libro sono le interviste a strani individui tutti affetti da preoccupanti perversioni degli istinti sessuali. Nelle brevi interviste, nelle quali vengono riportate soltanto le risposte, le domande dell'intervistatrice sono un continuo omissis, chiedendo così uno sforzo comunicativo al ricettore, invitato a ricostruirle. Ma le domande, in sostanza, non contano. In apparenza astrusi e paradossali, questi frammenti di lingua parlata (a volte sembrano delle bobine trascritte) rivelano piano piano una normalità paralizzante. Tutto è assurdo ma nello stesso tempo realistico. Tutto è possibile. Il tono cinico e sferzante che a momenti sprofonda in un surrealismo grottesco è la risultante di un processo di certosina vivisezione della realtà, masticata e poi sputata in faccia al lettore in tutte le sue più inquietanti forme. Quelle di cui nessuno vorrebbe mai sentir parlare, salvo poi restare incollato alla tivvù, in nome di un voyeurismo che ha superato ormai ogni soglia di decenza, quando un caso del genere oltrepassa i limiti del privato e assurge all'altare della cronaca. Ci si imbatte così in una sequenza di piccoli mostri quotidiani: dal sostenitore del partito democratico americano, che all'acme dell'orgasmo urla slogan di incitamento verso la sua fazione politica, al focomelico Johnny Moncherino, che col suo braccio sottosviluppato adesca, impietosendole, un consistente numero di donne per poi portarle a letto. O l'uomo di servizio nelle latrine di lusso, impassibile come una statua di marmo, che distribuisce asciugamani puliti a ricchi che defecano ed emettono i flati e le puzze più infestanti solo in cambio di qualche spicciolo. O ancora il tizio che fa leva sui punti deboli e sui traumi d'amore di una ragazza per sedurla, farci del sesso e mollarla. O l'altro che vuole convincere la sua donna che quello che le fa di tanto male non vorrebbe farlo. Wallace scruta dal buco della serratura nella stanza degli orrori ma senza urlare allo scandalo. Sa bene che questa è la brutale normalità. Ma non è soltanto questo il materiale di "Brevi Interviste". Alcuni degli episodi inclusi sono tra i migliori suoi scritti. Il salto dal trampolino di una piscina comunale diventa metafora del lancio nel vuoto e delle scelte che si parano davanti ad un tredicenne che entra nella difficile fase della pubertà, con una scena descritta con un tono poetico ma mai ampolloso che si muove lenta, come una moviola emotiva ricca di dettagli (Per Sempre Lassù). C'è il bellissimo Sul Letto di Morte..., ultima dichiarazione, sul suo capezzale, di un padre che ha sempre odiato il figlio, eterno rivale nella vita. C'è il geniale Ottetto, in cui i meccanismi della metafinzione vengono rivelati con gli schemi di costruzione di un microracconto o costruendone alcuni (i cui paragrafi vengono chiamati Quiz a Sorpresa) in cui i protagonisti sono la coppia X e Y, due amici alla deriva. L'onirico Chiesa Fatta Senza Le Mani che sfuma i contorni della realtà catapultandoci in una dimensione tortuosa dai piani che sfalsano. O il lapidario Una Storia Ridotta All'Osso della Vita Postindustriale, istantanea di un incontro tra un uomo ed una donna racchiuso in otto righe e mezzo che, rielaborando il minimalismo del primo Raymond Carver, ci lancia davanti gli occhi ad una velocità paurosa tutta l'assenza di sentimento che impera in gran parte dei rapporti sociali. Spigoloso ed al limite del sopportabile è La Persona Depressa, racconto che ruota intorno ad una giovane depressa che assilla ogni persona che la circonda raccontandole le sue sfighe ed i suoi sbalzi d'umore, talmente egoista e disinteressata ai sentimenti altrui che induce la sua psicanalista a suicidarsi. Se la storia, nel suo complesso, si rivela addirittura geniale, lo stile e la struttura che la informano rende la lettura abbastanza difficoltosa: ridondanze a mai finire, lunghissime note che sono racconti nel racconto (avvalendosi così di una tecnica cara a Borges, ad esempio, quella della “moltiplicazione interna del racconto”) che, se da un punto di vista tecnico-stilistico sono una vera leccornia, dall'altro, per chi non è interessato ai dettagli tecnici ma è solo in cerca di "una storia", rendono il tutto estremamente cervellotico, quasi spossante. Di sicuro un'anticipazione di quello che sarà il materiale che verrà incluso 5 anni più tardi in “Oblio”, raccolta di romanzi brevi in cui lo stile di Wallace diventa un vero e proprio labirinto in cui il rischio di perdersi è costantemente dietro l'angolo.
Wallace crea marionette incarnanti perversioni e aberrazioni che altro non sono che proiezioni, in microscala, delle nevrosi di massa che innervano la società postindustriale tutta. La sua è una prosa geniale che mescola senza soluzione di continuità registri alti e forbiti (con una padronanza dei linguaggi settoriali a dir poco spaventosa) ad altri più bassi e colloquiali che lambiscono il volgare. Tutto costruito con una maestria davvero rara. “Brevi Interviste...” è un libro ostico, a tratti difficile da seguire, basta deconcentrarsi per poche parole e si rischia di perdere il bandolo della matassa. E così è per quasi tutta la produzione dello scomparso scrittore americano. Per chi non avesse ancora confidenza con lo stile del Nostro, il consiglio è quello di cominciare con “La Ragazza dai Capelli Strani” nell'elegante edizione di Minimum Fax, la sua prima raccolta di racconti uscita nel 1989, quando ancora quel nodo alla gola che gli ha fermato per sempre il respiro era abbastanza lontano ma, probabilmente, già annunciato.

mercoledì 13 gennaio 2010

GIOVANNI SOLLIMA : Works


Giovanni Sollima è un crogiolo sinestetico dove, qua e là, fioriscono eleganti intarsi, come un'architettura che si genera da sola con un moto interiore. Con ago e filo cuce elaborazioni di campi sensoriali diversi in un corpus che diviene multicolore riverbero spirituale. Sollima scava nell'anima umana e affonda le mani nei più disparati gerghi musicali per dare forma viva alle proprie visioni sonore. Nel viaggio di Works si accendono colori, si sussurrano versi, ci si lascia trasportare dalle melodie. Su un humus cameristico Giovanni Sollima amalgama una mistura plasmata dalla congiunzione dei più diversi tra i linguaggi musicali. Ed è sicuramente questo il dettaglio tecnico che più avvince nel flusso narrativo che s'espande dalle note. La sola Terra Aria, atto primo di una suite frazionata in quattro episodi, vale per intero il prezzo del biglietto: torsioni barocche disegnano lievi spirali sulle quali si distendono respiri di cristallo e l'aria perde ogni consistenza e diviene materia che appartiene solo al tempo, arrestando lo scorrere di questo proprio quando si raggiunge il picco del pathos. La declinazione di (apparentemente) distanti mondi musicali è evidente nei successivi movimenti: dagli accenni celtici che però hanno un approccio quasi post-rock di Terra Fuoco agli intrecci di delay che, nel finale, divengono martellanti al confine dell'esoterismo tribale di Terra Acqua. Sollima non s'intimorisce nell'imbastardire la tradizione classica (che trova in Zobeide un buon compendio tra Bach – forte la sua impronta anche in Trio - e Bartòk) con stili più contemporanei e “di massa”. Gli intenti colti emergono con la forza delle citazioni in spoken words della Divina Commedia di Dante (Hell IV) o nel ricordo di Lord Byron (Byron). Con Hell I il barometro emotivo segna vertiginose altitudini: si vaga in un deserto dove piccole voragini si aprono per lasciar fuoriuscire il vento che dà vita ad una tempesta che si avvita intorno al cuore, lo essicca e lo rigenera. È l'affresco della mestizia e della rinascita interiore, dove il violoncello, nei punti più stridenti sembra intonare un requiem solitario in una notte d'assenza che si conficca nelle ossa, un grido nella penombra che va affievolendosi in una placida agonia. Magnifica. Parecchio distante dall'autoreferenzialità di molti suoi colleghi neo-contemporanei, più dediti al puro astrattismo privo di funzione comunicativa, Giovanni Sollima, palermitano d'esportazione internazionale, migra in sentieri scavati da incandescenti colate di umori e riconfigura una poetica dalla fragile bellezza e dall'evocativa forza interiore. Qualcosa non da poco.

(Sony BMG, 2005)

Terra Aria / Terra Acqua / Terra Danza / Terra Fuoco / Zobeide / Byron / Hell I / Hell IV (Ugolino) / La Spera Ottava / Inversion Recovery / Trio / Notte